“Perché siamo qui? Quale crimine abbiamo commesso? Quando ci rilasceranno?”
Si sono spenti i riflettori sulla questione dell’immigrazione in Israele, almeno oltre i confini. Dopo il clamore suscitato lo scorso gennaio dalle proteste dei migranti, più nulla.
Per conoscere la situazione dei migranti e verificarne le condizioni, lo scorso 15 maggio una delegazione di tredici persone della Pastorale per i Migranti del Patriarcato Latino di Gerusalemme, guidata dal vicario patriarcale padre David Neuhaus ed accompagnata da Elisheva, del gruppo Medici per i Diritti Umani, ha visitato il centro di detenzione di Holot, nel deserto del Negev, dove si trovano i richiedenti asilo eritrei e sudanesi che arrivano in Israele. La stragrande maggioranza di loro è cristiana.
L’ingresso del centro di Holot
(foto Patriarcato Latino)
Il centro di Holot è stato istituito dopo che la Knesset, il parlamento israeliano, ha approvato, nel dicembre 2013, una legge che consente alle autorità di trasferirvi forzatamente i richiedenti asilo. La struttura al momento “ospita” 2300 persone, tutti uomini. La capienza massima è di 3300, ma sono in corso lavori per la realizzazione di nuove sezioni, che dimostrano la volontà delle autorità di ampliare il centro.
Non si tratta, almeno sulla carta, di una prigione: durante il giorno è consentita …continua a leggere
Articolo tratto da: Terra Santa Blog – TSDTV.it